Questo articolo sulla porzione della settimana è stato precedentemente pubblicato nel 2019.
Il Creatore dice ad Abramo, Lech Lecha, "Vai dalla tua terra" a Canaan, che è conosciuta come Israele. Egli dice: "Creerò per te una grande nazione. Benedirò coloro che ti benediranno e maledirò coloro che ti malediranno. Ti farò prosperare lì." Perciò Abramo arriva a Canaan, ma sul paese si abbatte una carestia e lui non sa cosa fare. Deve decidere se rimanere lì nella Terra Promessa o scendere in Egitto, dove c'è cibo. E sceglie di andare in Egitto, di lasciare il luogo dove il Creatore gli ha detto di andare, dove il Creatore gli ha detto che avrebbe prosperato e ricevuto le sue benedizioni.
“Quante volte ci comportiamo in modi che non sono sinceri?”
È un’interpretazione interessante. Non solo il Creatore ha detto ad Abramo di andare lì, ma gli ha anche detto che lì avrebbe prosperato, quindi quando arriva e c’è la carestia, si crea, ovviamente, un’apertura al dubbio. E questo è ciò che accade nel cammino spirituale; deve sempre farsi spazio il dubbio. Infatti, prima di qualsiasi benedizione, crescita o livello successivo che una persona raggiunge, ci sarà sempre un'apertura al dubbio.
Questa scelta di Abramo di partire e andare in Egitto è stata discussa e analizzata dai kabbalisti per migliaia di anni. È stata una decisione giusta o sbagliata? Avrebbe dovuto mantenere la sua certezza, anche se era in preda alla carestia, e rimanere nella Terra d' Israele? Avrebbe dovuto avere la certezza che gli sarebbe accaduto un miracolo e sarebbe stato in grado di provvedere al sostentamento di sé stesso e della sua famiglia? Oppure, era giusta la decisione di scendere in Egitto? L'opinione di uno dei grandi kabbalisti spagnoli, Nachmanide, il Ramban, era che Abramo qui sia caduto un po' in errore; che scendendo in Egitto abbia commesso uno sbaglio. Avrebbe dovuto rimanere nella Terra d' Israele, mantenere la certezza e sarebbe accaduto un miracolo portando sostentamento.
“E’ meglio essere a un livello inferiore, fallire, ed essere sinceri.”
Allora, come possiamo comprendere la decisione di Abramo? E soprattutto, qual è la lezione per noi?
Per rispondere a questa domanda vorrei condividere una sezione del Talmud. Si dice che i saggi, le grandi anime, stavano discutendo del loro livello spirituale e a che punto di sviluppo e crescita si trovavano. Ognuno di loro diceva: “Rispetto a mio padre, sono come l’aceto paragonato al vino,” e raccontano di quanto ciascun padre sia molto più elevato di loro, e dove stanno fallendo. Tutta questa discussione è abbastanza strana. Stiamo parlando di anime molto elevate, di persone che si spingono a crescere e a cambiare, eppure raccontano dei loro fallimenti paragonati invece alle cose che sono in grado di fare i loro padri, quando potrebbero facilmente anche loro fare le stesse cose. La domanda è quindi: se questi saggi ritenevano che i comportamenti e le azioni dei loro padri fossero più elevati dei loro, perché non hanno agito in quel modo? La risposta ci porta a una comprensione molto importante: la verità.
Quando Rav Ashlag, il fondatore del Kabbalah Centre, aveva circa sette anni, decise che non avrebbe mai mentito in vita sua. Ci insegna che una persona non può essere collegata alla Luce del Creatore se mente o vive nella menzogna. È una delle cose che mio padre, Rav Berg, mi disse quando ero molto, molto giovane. Allora, cosa è meglio – comportarsi come se si fosse elevati, o mostrarsi e agire secondo il proprio vero sé?
Quando i saggi dicevano: "Sono come l'aceto paragonato al vino rispetto a mio padre," stavano dicendo essenzialmente: "Sì, posso comportarmi come lui, ma non sono al suo livello. Pertanto, è meglio fallire ed essere sincero che mentire e comportarmi come una persona elevata." Perché? Perché la verità è alla base della nostra connessione con la Luce del Creatore.
Abramo sapeva che la cosa giusta da fare era rimanere a Canaan, ma sapeva anche che non aveva la certezza necessaria per risvegliare un miracolo per il sostentamento di sé e della sua famiglia. Quindi, disse che era meglio fallire ed essere sincero piuttosto che mentire; se il modo in cui parliamo o agiamo non rispecchia chi siamo veramente dentro, non siamo - o non possiamo essere - connessi alla Luce del Creatore. Quando i kabbalisti si riferiscono alla saggezza della Kabbalah, la chiamano Saggezza della Verità, perché non possiamo essere connessi alla Luce del Creatore e a questa saggezza, se non agiamo esternamente in accordo con la nostra consapevolezza. Perciò, per Abramo, era meglio fallire e trovarsi un po' nell’oscurità in Egitto piuttosto che vivere e rimanere a Canaan senza la giusta consapevolezza e livello spirituale.
Da questo impariamo un'enorme lezione. A volte è più facile, o pensiamo che sia meglio, agire in modi che non ci rappresentano, dire parole che non sono veritiere e comportarci in modi che non ci corrispondono interiormente. Ma ricordate ciò che ha detto Rav Ashlag: per essere connessi alla Luce del Creatore, è meglio scendere a un livello inferiore, fallire ed essere sinceri, piuttosto che agire come se fossimo elevati e vivere in qualche modo nella menzogna.
Quante volte ci comportiamo in modo non sincero? Anche nelle questioni spirituali, ci permettiamo di farlo. Tuttavia, qualsiasi parte di noi, le nostre parole, o le nostre azioni che non sono vere ci disconnettono dalla Luce del Creatore, anche se sono positive. Se compiamo azioni spirituali che non sono al nostro livello, che non sono realmente espressione di ciò che siamo dentro, non porteranno Luce. Perché nulla è più importante dell'essere sinceri. Abramo sapeva che era sbagliato scendere in Egitto, ma disse: "Questo è il livello in cui mi trovo ora, ed è meglio vivere nella verità e fallire che vivere nella menzogna." Questa è una comprensione molto importante che ci viene data nello Shabbat Lech Lecha.