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Un viaggio nella maternità

Monica Berg
Maggio 13, 2024
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Lasciate che esordisca con una precisazione: non esistono due esperienze di maternità uguali. Anzi, ciascuna è unica per ogni genitore ed ogni figlio proprio come lo sono le impronte digitali o i fiocchi di neve. Una cosa, però, è indubbia: prendersi cura di un’altra vita è un agente di cambiamento profondo e foriero di trasformazione, per noi e per coloro di cui ci prendiamo cura. 

Anzi, direi che diventare madre è stata la PIÙ potente esperienza di crescita di tutta la mia vita! E, malgrado i vari step che sto per descrivere siano basati sulle mie personali osservazioni da madre di quattro figli, alcuni aspetti di questo viaggio sono validi per chiunque si sia mai preso cura di un’altra persona. 

Detto questo, se dovessi dare un titolo preciso al processo di crescere un diciottenne, lo chiamerei “Le 6.750 Fasi Della Maternità”, perché ogni giorno rivela qualcosa di nuovo! Tuttavia, per quel che riguarda ciò di cui vogliamo parlare qui, manteniamoci sul facile ed accontentiamoci dei sei principali step che la maggior parte delle madri attraversa. 

1. La Fase del “Sogno di Maternità” 

Quando siamo in felice attesa, facciamo sogni con un nuovo senso di scopo nel mondo. Immaginiamo i nostri figli come vorremmo che fossero: felici, sani, equilibrati, che portano gioia ai nostri cuori e alle nostre case e che ci offrono amore incondizionato. Cambieranno il mondo – cominciando dal nostro – nel modo migliore possibile. È il momento per l’eccitazione, per la preparazione del nido e per immaginare che genere di madri saremo. 

Siamo certe che saremo pazienti e gentili, che li incoraggeremo e che saremo brillanti. Faremo molto meglio dei nostri genitori. Saremo Mamma dell’Anno, almeno nella nostra famiglia… giusto? E, naturalmente, riusciremo a mantenere perfettamente in equilibrio la nostra vita e sembreremo sempre uscite da una foto da copertina, anche quando gli daremo da mangiare alle 2 del mattino, dopo giorni di deprivazione di sonno. (Però a tutta questa roba da nulla non ci pensiamo, no?). Ottimismo da vendere. 

Del resto, come potremmo prevedere le maree e le ondate di cambiamento che ci stanno venendo incontro? Presto, l’esperienza mistica della nascita mette tutto il moto. 

2. La Fase della “Realtà” (Come? Sono una Mamma? Con un BAMBINO?)

Mai avremmo potuto immaginare che qualcuno potesse dipendere tanto da noi. È pura gioia. E PURO TERRORE. Quando capisci di essere una MADRE e che quella piccola cosina conta su di TE per qualunque necessità, il tuo intero concetto di te stessa va in frantumi – e si ricostruisce – nello stesso istante. Il tuo bambino è fragile e perfetto malgrado tutti i rigurgiti con cui ricopre la tua maglietta preferita – sì, quella che hai appena lavato. 
 
E se hai un bambino con bisogni speciali (come è successo con il nostro Josh), attraversi anche un’ulteriore fase di cambiamento (e paura). In tutto questo, crescono sia la tua conoscenza che la tua capacità non solo di amare, ma anche di accettare e gestire qualunque cosa accada. Si cambia strada, si diventa flessibili. Si perde il sonno e il contatto col mondo per un po’. La profondità e l’ampiezza del tuo ruolo ti travolge - è una cosa che sarà per tutta la vita. Per sempre. 

3. La Fase della “Pazienza Messa alla Prova” (Perché, eeeh, quelle piccole pesti…)

I primi anni sono universalmente impegnativi e universalmente gratificanti per la nostra crescita personale. Questa fase offre l’opportunità di raggiungere nuovi livelli di pazienza, fortunatamente bilanciata da meraviglia e delizia. Quando il nostro piccolo conquista una nuova capacità, come mettersi in piedi, camminare, andare sul triciclo o sullo scivolo, ci sembra tanto meraviglioso quanto la fisica quantistica. Voglio dire, come ha fatto quella cosa così minuta e indifesa a diventare questa piccola persona? E perché continua a urlare perché vuole altro gelato?

Tuttavia, nel crescere questa piccola persona, sentiamo che anche noi ci estendiamo. Capiamo dove mettere dei limiti (una di quelle lezioni costanti nella genitorialità) e a che punto è il nostro livello di disagio sociale. Giusto per fare un esempio: avete presente quando un bambino si mette a fare i capricci nel bel mezzo di un ristorante? Sì, anch’io. Anzi, ne ho visti ben quattro farlo. (Okay, forse tre. Josh era molto più facile, a parte qualche volta). 

Presto comprendiamo che al di là di quel decoro sociale divorante c’è il Vero. Mondo. Della. Genitorialità. E, certo, soffiare nasi mocciosi e servire del succo di mela potrebbe non sembrare come il più elegante dei compiti, ma queste azioni ci insegnano di più sulla nostra umanità di qualunque altro lavoro strapagato. 

4. La Fase “Capitan Mamma” (Quanto crescono in fretta!)

Quando i nostri figli vanno alle elementari o alle medie, siamo come i capitani di una specie di strana spedizione piena di persone che cambiano forma continuamente. Siamo ancora il porto sicuro per il crescente raggio di attività dei nostri giovani esploratori: li nutriamo, li guidiamo, ospitiamo le loro feste, partecipiamo ai loro eventi sportivi e li iscriviamo ai campi estivi. Siamo organizzatrici, cheerleaders, insegnanti e modelli di comportamento. E loro ci guardano, anche quando non lo fanno. Nel frattempo, mentre loro imparano tutto della vita e del senso del loro posto nel mondo, noi scopriamo i nostri schemi di comportamento, espandiamo i nostri strumenti genitoriali e, nel gestire le loro piccole vite, sistemiamo le parti che non funzionano delle nostre. 

Ci affacciamo nel mondo dei nostri figli (Io? Che dondolo su un trapezio? Chi l’avrebbe mai detto!). Facilitiamo il primo giro in bici o la prima discesa con gli sci. Coltiviamo un senso di famiglia. Quel piccolo tornado scopre quello che lo psicologo Erik Erikson definisce come il “senso dell’industria”. Comincia a fare dolci, va a scuola a piedi, scopre il proprio senso morale e sposa cause. Anche noi diventiamo più operosi. Iniziamo a fare i compiti con loro…ci mettiamo ad aiutarli coi problemi di geometria…facciamo i volontari durante le gite scolastiche. Attraverso la crescente autonomia dei nostri figli, ci riconnettiamo un po’ di più a noi stesse. Cominciamo a ricordarci chi siamo e chi eravamo, al di fuori del nostro ruolo di madri. La nebbia nello specchio si dirada – ma il cambiamento rimane la nostra unica costante. 

5. La Fase della “Pseudo-Separazione” (Ah, gli adolescenti…)

Guidano – o qualcun altro che conoscono si mette al volante. Escono con gli amici, entrano (o si lanciano a capofitto) nel mondo dei primi appuntamenti e, magari, passano anche un semestre all’estero. Fanno pratica per quella spinta fuori dal nido che sta per arrivare, ma ancora non sono arrivati a quel punto. Ci guardano ancora (come aquile e, spesso, alzando gli occhi al cielo) mentre cominciano a sbattere le ali. Nel suo libro Distacchi, Judith Viorst riflette sul fatto che “un normale adolescente non è normale se si comporta normalmente”. Benvenuta, verità! Possono comportarsi e parlare come adulti, ma nel momento in cui fissiamo un seppur minimo coprifuoco, addio maturità…

I nostri adolescenti mettono alla prova il nostro modo di pensare. Sfidano le regole e spingono tutti i nostri bottoni più delicati. E nel trovare la loro indipendenza, anche noi riscopriamo la nostra. Guidiamo, ispiriamo, li spingiamo delicatamente verso il limitare del nido. A volte siamo brave e pronte a spingerli fuori; altre, vorremmo tenerli con noi per sempre. Diventiamo coraggiose. Piangiamo, ridiamo. Li lasciamo andare. 

6. La Fase “Successiva” (Essere genitori di figli adulti)

Il meglio in cui possiamo sperare è che i nostri figli affrontino il mondo con principi ed aspirazioni che gli appartengano davvero. Potrebbero seguire i nostri passi – o non farlo affatto. Eppure, quando tornano a cercare la nostra approvazione, i nostri consigli, o la nostra benedizione, sappiamo di aver fatto il nostro lavoro. Possiamo sforzarci di dargliene senza soffocarli. Soprattutto, possiamo rispettarli ed amarli semplicemente per il fatto di essere ciò che sono. Allo stesso modo, possiamo riscoprire chi siamo e forgiare un nuovo percorso per chi potremmo ancora diventare. Di recente, ho avuto il piacere di essere intervistata dal mio figlio maggiore, David, per il suo podcast, Success Stories. Pur avendo parlato della mia vita e delle mie esperienze, non ho potuto fare a meno di essere testimone del fatto che il neonato, il bambino piccolo e il teenager che conoscevo una volta, adesso è cresciuto ed è diventato un adulto di successo. Ecco, questa è la fase “Successiva”. 

Essere una madre (qualunque sia la definizione che vogliamo dare alla parola) richiede che ci spingiamo oltre e cambiamo tante (e tante) volte. 

So di non essere la stessa persona che ha fatto quei sogni quando ancora i miei figli non erano nati o che ha avuto paura della maternità, che è sopravvissuta alle bizze infantili, e che ha fatto da taxi ad un gruppetto di bimbi dell’asilo. I miei figli sono cresciuti (anche se ancora non tutti sono usciti dal nido) – e con loro anch’io. Se siamo fortunati, continueremo tutti ad evolverci, sia individualmente che insieme. Continueremo a lavorare l’uno con l’altro. A divertirci l’uno con l’altro. A sfidarci l’uno con l’altro. 

Com’è che dicono? Una volta che sei madre, lo sei per sempre. 

Questa è la sola - e forse l’unica - cosa che non cambierà mai. È quella cosa che dura per sempre, quella parte che ci trasforma dall’interno. Quella parte che ci connette con tutte le madri che siano mai esistite e tutte quelle che ci saranno in futuro. 


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