È la settimana di San Valentino! Un momento per celebrare il romanticismo nella nostra vita, con cene a lume di candela, cioccolatini e paroline dolci appena sussurrate…
O almeno è quanto film, televisione e pubblicità sui social media vogliono farci credere. Non tutti aspettano il giorno di San Valentino con impazienza, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno un partner. Ai single può sembrare un giorno che non li riguarda e, per chi ha un partner, può essere un ottovolante di aspettative che finisce con una delusione (anche se non è certo necessario che lo sia!). A conti fatti, San Valentino è solo un giorno come tanti, ma lo sforzo che mettiamo nelle nostre relazioni – a prescindere dalla tipologia – è importante ogni giorno.
Ho ampiamente scritto e parlato di relazioni, e molti di voi sanno che il mio approccio all’argomento amore è più pratico che stravagante. Sebbene io creda nell’esperienza del profondo romanticismo e delle emozioni sensazionali, so anche che l’amore richiede lavoro, intenzione, impegno e la capacità di riconsiderare ogni cosa.
E questo è probabilmente a causa del modo in cui ho conosciuto la mia anima gemella.
Ero in un’isolata spiaggia del Messico, partecipando al matrimonio di un caro amico di 16 anni più grande di me. Il piccolo gruppo di invitati era composto quasi esclusivamente da coppie sui trentacinque anni.
Essendo l’unica ventunenne, mi sentivo fuori posto. L’unica persona della mia età era il mio futuro marito, Michael, il figlio del rabbino che officiava il matrimonio. Avevo già incontrato Michael in precedenza, anche se solo di sfuggita, ed essendo le uniche due persone di età simile costretti a stare nello stesso posto per un weekend, verrebbe da pensare che avremmo naturalmente finito per passare del tempo insieme… ma non è stato così.
Il giorno dopo il matrimonio, tutti gli invitati erano all’aperto a godersi la spiaggia. Ovunque guardassi c’erano ferventi attività: persone in parapendio, jogger, bambini che costruivano castelli di sabbia e bagnanti che sorseggiavano cocktail ghiacciati decorati con piccoli ombrellini. Mentre mi guardavo intorno, godendomi il calore del sole sulle spalle, qualcosa mi colpì. Potevo anche sentirmi fuori posto, ma Michael sembrava fuori posto. Se ne stava lì seduto, triste e a disagio, studiando un antico testo in aramaico al caldo, cercando disperatamente di coprirsi interamente, testa inclusa, con un asciugamano. Ricordo di essermi sentita molto confusa. Non capivo perché non andasse semplicemente a sedersi da qualche parte all’ombra per mettere fine alla sua sofferenza. Con il senno di poi, ho capito che stava cercando di essere parte del gruppo, cosa che non gli riusciva naturale. Posso dire con assoluta certezza che, quel giorno, non ho riconosciuto in lui il mio futuro marito, figurarsi la mia anima gemella.
Mi piacerebbe dire che la prima volta che ho incontrato Michael mi ha cambiato la vita, ma a dir la verità è stato più un capitombolo che un colpo al cuore.
Per la prima parte delle nostre vite abbiamo passato il tempo in modo molto diverso. La mia non era molto passeggiate e libri, quanto piuttosto balli e bevute. A 17 anni, al liceo di Beverly Hills, ero uno spirito libero. Guidavo la mia Jeep in giro per la città, con i miei lunghi capelli ricci al vento. Vivevo in jeans e stivali da motociclista. Michael all’epoca aveva 18 anni, e i libri non li leggeva, li respirava. Non dava molta importanza alle cose superficiali, quindi gli andava benissimo indossare ogni giorno pantaloni neri e una camicia bianca.
Le differenze tra me e Michael erano ovvie, da come ci vestivamo, a come passavamo il tempo, a come siamo cresciuti – lui è nato a Gerusalemme e ha vissuto una vita da ebreo ortodosso, mentre io sono nata in Luisiana e, anche se sono cresciuta in una famiglia ebrea, crescendo ho cantato un sacco di canzoni natalizie. Quel giorno, sulla spiaggia in Messico, stavo facendo affidamento solo ai miei cinque sensi e, per questo, non mi sembrava che avessimo niente in comune.
Vi racconto questa storia non solo perché mi piace ricordare come Michael ed io ci siamo conosciuti, ma perché è un esempio perfetto del fatto che raramente le nostre anime gemelle sono chi pensiamo che saranno. Posso dirvi con certezza che se Dio in persona mi avesse detto che Michael era la mia anima gemella, non ci avrei creduto! Eppure, oggi abbiamo quattro bellissimi figli, un florido matrimonio da 26 anni, e così tanti ricordi da riempire varie vite.
Il giorno (e la settimana) di San Valentino non è solo per anime gemelle e coppie. È un periodo in cui possiamo concentrarci sulle varie versioni di amore nelle nostre vite, specialmente quella con noi stessi. Michael ed io potremmo anche esserci conosciuti come giovani adulti diametralmente opposti, ma attraverso il lavoro spirituale che abbiamo fatto riveliamo sempre più amore ogni anno che passa. Non è sempre facile, ma ne vale sempre la pena. Questo tipo di amore è un vostro diritto di nascita, e sono qui per ricordarvi che è sempre disponibile e possibile a prescindere da dove siate nel vostro percorso di vita.
Se siete single, vedetevi come la vostra vera anima gemella. Ammiratevi nel modo in cui desiderate che faccia un partner, siate curiosi di voi stessi, e guardatevi con gli occhi dell’amore. Cosa cambia? Cosa scoprite?
Se siete in una coppia, passate la giornata come se il vostro partner fosse davvero la persona giusta. La vostra anima gemella. Ammiratelo, siate curiosi, fategli domande (specialmente quelle di cui credete di conoscere la risposta!), e guardatelo come se lo vedeste per la prima volta. Cosa cambia? Riuscite a sentire una connessione più profonda?
Ciò che portiamo nelle nostre relazioni è più importante di ogni altra cosa, e l’amore nelle nostre vite inizia con noi.