Questo articolo è stato originariamente pubblicato nel 2016.
Esiste un libro, un commentario, del kabbalista italiano Rav Menachem Recanati, che è stato uno dei primi a diffondere la saggezza dello Zohar e di altri scritti dei kabbalisti. In questo scritto il Recanati si concentra sul periodo che seguì il Diluvio. Si dice che Noè iniziò a piantare una vigna e, tanto qui quanto nello Zohar, è chiaro che a questo punto della sua vita spirituale qualcosa andò storto. Noè viene definito l’uomo della terra, cosa che sembra indicare un abbassamento del suo stato spirituale. Divenne più fisico e meno spirituale. Il Recanati dice che la spiegazione letterale è che Noè decise di piantare una vigna, e fu molto attento alla fisicità.
Eppure, in queste parole, in questa porzione e in questa storia, Recanati dice che c’è un grande segreto. Negli scritti troviamo vari passaggi in cui la Luce del Creatore è chiamata Shechinah, e citata come la vigna. In questa porzione, il Recanati dice che quando c’è una discussione riguardo la creazione di una vigna, significa che c’era in qualche modo un desiderio di connettersi alla Shechinah. Noè stava cercando di creare una connessione a quello che è definito il vino positivo, la vigna positiva, una connessione vera alla Luce del Creatore. Ed è importante capire che nella vigna, nella connessione spirituale, ci sono negatività e gusci che sono sempre lì e che cercano di attaccarsi a noi nei nostri percorsi e nelle nostre connessioni spirituali.
Quindi, all’interno di questa vigna, cioè all’interno del lavoro e delle connessioni spirituali, ci sono due tipi di connessione. E, spesso, una persona non è consapevole di quale dei due vini stia bevendo, a quale si stia connettendo. E qui sta il segreto: uno è il vino protetto e nascosto, che viene dalla Colonna di Destra e porta con sé benedizioni, ed è detto il calice della salvezza. È la via o la connessione che porta una grande Luce all’individuo. Ma l’altro, dalla stessa origine, dallo stesso cammino spirituale e dalla stessa connessione spirituale alla Shechinah, è anche un altro tipo di cammino che è risvegliato, ed è considerato il vino della negatività, il vino che porta con sé l’oscurità. Quindi, anche all’interno della nostra connessione spirituale, una persona potrebbe connettersi a quello che è definito vino buono, che porta benedizioni, salvezza o elevazione, o connettersi al vino o al percorso che porta oscurità e, alla fine, persino morte.
Noè era arrivato al punto in cui aveva realizzato che il semplice desiderare una connessione spirituale, il semplice desiderare di fare il lavoro spirituale e di essere connessi alla Luce del Creatore, che è il segreto della vigna, non è abbastanza. Bisogna assicurarsi che ci sia una connessione positiva all’interno del lavoro spirituale. Molti di noi distinguono tra la connessione e la disconnessione; se faccio qualcosa di positivo che è parte di quello che considero il mio percorso spirituale, quella è una connessione alla Luce del Creatore. E poi ci sono le cose che facciamo che sappiamo essere negative. Ciò che però non ci è chiaro è che all'interno del percorso di connessione che crediamo di fare, ci sono parti potenziali della connessione (che probabilmente già esistono), che ci allontanano dal percorso.
Se non ci prendiamo il tempo di andare davvero in profondità, come Noè ha cercato di fare, e di vedere quali aspetti del nostro cammino non sono puri e non sono solo della Luce del Creatore, allora rimarremo su un cammino spirituale, ma esso avrà al suo interno elementi di oscurità e negatività. E una grande parte di questi elementi ha a che fare con gli aspetti esterni del nostro lavoro spirituale, il che significa che una reale connessione spirituale deve essere interna. La vera connessione spirituale deve essere nascosta. Molte delle parti rivelate del nostro lavoro spirituale sono attaccate a quello che viene chiamato il percorso negativo, il vino negativo. Ed è per questo che Noè cadde; non perché non stesse provando a fare la cosa giusta, non perché non stesse provando a rimanere sul cammino spirituale, ma perché non sempre si soffermava su questo percorso dicendo: "Devo eliminare questa parte, devo eliminare quella parte, perché hanno a che fare con l'esterno".
Questa è una delle importanti comprensioni di Recanati: tutte le parti del nostro lavoro spirituale che sono esterne e non sono puramente interne a noi e alla nostra connessione con la Luce del Creatore hanno probabilmente degli aspetti che possono indurre una persona a rimanere troppo nella propria mente per essere e rimanere spirituale, allontanandola dal percorso diretto della connessione con la Luce del Creatore.
Noè non stava ripulendo il suo cammino. Tendiamo a pensare che, finché siamo su un cammino spirituale, tutto quello che dobbiamo fare è assicurarci di limitare l’ammontare di cose negative che facciamo. Ciò che però non sempre ci è chiaro è la necessità di purificare costantemente il nostro percorso spirituale. Noè non lo fece. E, di conseguenza, perse un enorme ammontare di Luce e di benedizioni che era destinato a ricevere nella sua vita.
Rav Ashlag ci ricorda sempre che è a causa di tutto questo che sono pochissime le persone che entrano e finiscono sul percorso corretto. Come individui, se non approfondiamo costantemente i dettagli della nostra connessione, se non purifichiamo costantemente il nostro percorso positivo, la possibilità di completare lo scopo per cui la nostra anima è venuta in questo mondo è molto limitata. Questa fu la caduta di Adamo e di Noè. Non è che non fossero spirituali, non è che non avessero continuato sul cammino spirituale; è che non si purificavano costantemente, chiedendosi: "Quale parte della mia connessione spirituale è interna e solo mia? E quale parte è esterna?"
La grande Luce rivelata in questo Shabbat è la necessità di purificare il nostro cammino positivo. E inizierei con il domandarci quanto esso sia esterno, chiedendoci se è importante per noi ciò che gli altri vedono o pensano del nostro cammino; è qualcosa di non puro e non solo interno a noi? Perché la misura in cui è esterno è la misura in cui non lo stiamo purificando. Noè non lo fece e, di conseguenza, tutta la Luce e le benedizioni che la sua anima avrebbe dovuto rivelare in questo mondo non si concretizzarono. È un grande dono, quindi, che vogliamo attingere da questo Shabbat: lavorare sia per nascondere che per purificare la nostra connessione spirituale.