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Lo Stato Ultimo della Conoscenza

Michael Berg
Maggio 19, 2024
Mi piace 22 Commenti 7 Condividi

Questo articolo è stato precedentemente pubblicato nel 2019.

Nel Talmud Eser HaSefirot (Dieci Emanazioni Luminose) impariamo che ci sono Dieci Sefirot e Cinque Mondi, e che ogni mondo ha in sé Cinque Mondi e ogni sefira ha in sé Dieci Sefirot. Rav Ashlag dice che questo va avanti all’infinito: in ogni mondo c’è un’infinita quantità di mondi e in ognuno di questi mondi c’è un’infinita quantità di mondi, e così via. Perché il Creatore ha organizzato i mondi in questo modo? Perché ci sono, letteralmente, un’infinita quantità di mondi?

“La Luce della crescita esiste in tutta la terra.”

Si dice, e anche il Ramchal lo cita, che lo stato ultimo della conoscenza è la comprensione che in realtà non sappiamo niente, e che quello che abbiamo imparato finora e quello che abbiamo capito finora non è neanche lontanamente vicino alla comprensione definitiva. E l’unico modo in cui il nostro lavoro spirituale rivela effettivamente Luce è se tutto il lavoro che facciamo porta a una diminuzione di noi stessi.

L'Arvei Nachal usa un esempio dal Maggid di Mezeritch, che spiega come cresce la vegetazione. La Luce della crescita esiste in tutta la terra; eppure, è necessario che ci sia una diminuzione di quella Luce perché possa manifestarsi nella vegetazione. Tutta quella Luce deve essere riunita in un unico punto, e solo allora potrà nascere un albero. Pensiamo che un albero cresca quando prendiamo un seme e lo mettiamo in terra, ma il Maggid di Mezeritch ci dice che non è così. La verità, lui dice, è che quella terra ha sempre la capacità di far nascere un albero, ma è necessaria una diminuzione della Luce della terra in un punto specifico, e quello è il seme. Esso poi prende tutto il potere di crescita da tutta la terra che ha intorno e cresce. Ma sappiamo che non basta mettere solo un seme in terra. Se il seme non è aperto o deteriorato, nessun albero può crescerne. Se il guscio che lo circonda rimane forte, non sarà mai in grado di assorbire la forza spirituale di crescita che possiede la terra. Quindi bisogna prima rompere il guscio attorno al seme, così che esso possa poi attingere la Luce che lo circonda nella terra. La terra ha il potere della crescita, il seme ha il potere di attrarre quella Luce e creare un albero, ma niente può succedere finché rimane il guscio intorno al seme.

“Dobbiamo avere la consapevolezza che in realtà non abbiamo fatto nulla.”

E lo stesso è vero per noi: tutto il lavoro spirituale che facciamo può essere paragonato alla Luce di crescita che esiste nella terra. Bisogna che ci sia una frattura nel nostro guscio perché qualunque Luce possa essere rivelata. Per questo, dopo ogni lavoro spirituale che facciamo, dobbiamo avere la consapevolezza che in realtà non abbiamo fatto nulla. Certo, non è che non abbiamo letteralmente fatto nulla; è importante capire la differenza. Esistono persone che in realtà non hanno fatto nulla, e esistono persone che fanno il proprio lavoro spirituale e stanno crescendo ma che, connettendosi al mondo spirituale, vedono che, rispetto a dove dovrebbero essere, non hanno fatto nulla.

È come la parabola di Rav Ashlag del verme nella mela marcia. Il verme pensa che la sua vita sia buia e marcia, ma più ne mangia un po’, più attraversa gli strati e inizia a vedere la luce, finché non arriva alla buccia della mela e vede il meraviglioso mondo che c’è fuori, realizzando che la vita non è né buia né marcia. Questo è lo stesso processo che dobbiamo costantemente affrontare nel nostro lavoro spirituale. Se lo stiamo facendo bene, significa che stiamo passando da un livello al successivo e che, quando arriviamo al livello successivo, ci guardiamo indietro e vediamo che ciò che abbiamo realizzato era molto poco. 

È come scalare una montagna in cui ogni volta che arriviamo ad un livello non vediamo mai la cima, ma sappiamo che è là, quindi saliamo altri 30 metri e vediamo il livello successivo di cui abbiamo bisogno per salire, e raggiungiamo quel livello, e così via. Se stiamo svolgendo correttamente il nostro lavoro spirituale, questo è ciò che vedremo in ogni momento della nostra vita. Quindi, quando il Ramchal parla dell'idea che lo stato ultimo della conoscenza consiste nel comprendere che in realtà non sappiamo nulla, non significa che non studiamo e che letteralmente non sappiamo; significa che una persona che fa un lavoro spirituale deve rendersi conto che non ha fatto nulla rispetto a dove dovrebbe arrivare.

Ogni sefira, come abbiamo detto, ha in sé Dieci Sefirot, e ognuna di queste ne altre dieci in sé, e così via. Perché? Perché ora capiamo che ogni parte del lavoro spirituale che facciamo ci porta da un punto all’altro; quando una persona si sta elevando spiritualmente, va da una sefira a quella successiva, da un mondo al successivo. E, se facciamo il nostro lavoro spirituale, vedendo il prossimo livello, vedendo quanto oltre dobbiamo ancora andare, ci guardiamo indietro e ci diciamo “Non ho fatto davvero nulla paragonato a quello che devo fare”. Se questo è il nostro pensiero costante e ci viene costantemente mostrato il prossimo punto a cui arrivare, significa che stiamo crescendo spiritualmente.


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